venerdì 4 novembre 2011

IN USCITA IL NUOVO LIBRO DI SIMONE TOMASSINI


SIMONE TOMASSINI

CONFESSIONI DI UN PAZZO

PREFAZIONE

Che Simone non fosse solo un cantautore era già evidente per svariati motivi. In primis la creatività che questo artista si porta addosso è percepibile nell’immediato, basta ascoltare un suo pezzo musicale, un paio di note, le armonie, le estreme bizzarrie che ne snocciolano uno stile davvero unico. Non è semplice far coincidere il buon motivo con il testo sensato, intelligente, costruttivo, eh, no. Così, come per ogni canzone c’è dietro una storia, anche per ogni romanzo c’è una canzone. E chissà quale sarà, forse lo scopriremo, forse Simone Tomassini ci regalerà una sorpresa ( a lui piace farne), magari ad uno dei suoi concerti presenterà il pezzo del pazzo …. Gioco di parole, carino, no? Come piacerebbe a Filo, no a Simone, insomma, a lui, all’autore. Confessioni di un pazzo è uno dei romanzi più inquieti che io abbia mai letto. Non tanto per la struttura e nemmeno per i personaggi, i luoghi, no! Semmai per le modalità e ovviamente per il pensiero. Inquietante vivere che conduce a delle scelte impensate, nemmeno lontanamente immaginate. Quello che mi ha colpito di più è il fatto di averle accettate -queste scelte - da parte dei protagonisti. Non è cosa di tutti i giorni giungere a dirsi: “Ok, destino, vuoi farmi del male? Ebbene eccomi, sono qui.” Filo – tale il nome del protagonista della storia – si acquieta nella sua smania, si siede e accetta ogni momento maledetto con una dignità da re. Un nobile che però si è fatto promotore, vox populi limpida, alta, un rapsodo, ecco. Pur sapendo che nessuno, o quasi, avrebbe poi seguito il suo esempio, perché l’essere umano è l’elemento più pigro e più viziato della terra, è colui che mai e poi mai rinuncerebbe al comodo, al certo, al piatto caldo garantito. E’ quindi pazzo chi come Filo si integra anche in un contesto difficile e ostile e non solo, si fa addirittura simbolo d’amore, traino che ci distoglie dalla solitudine/condanna, pretesto e riempimento del vuoto che avvelena, seme che sa nutrire di nuova linfa. Una giovane italiana trasferitasi a New York rimane colpita da un musicista ambulante che raggruppa ascoltatori nelle vie della grande mela, persino a Strawberry Field, battezzata dal grande John Lennon con l’indimenticabile e costante presenza del suo esserci stato e aver regalato al mondo la propria genialità. Lo scopo di Filo è quello di lanciare per le strade le emozioni vive del cuore, le essenze che nessuno sospetta di possedere né di conoscere. In quelle piccole nicchie di orecchie che svuotano i sensi pieni di consumismo e si lasciano andare al vero dell’esistenza, si snoda tutta la storia. Jenny, la ragazza, segue istintivamente questo quasi barbone, è magicamente attratta dalla saggezza contraddittoria, dai modi bruschi ma onesti, dalla tenerezza di cui egli è capace per il suo piccolo cane. Non è la solita storia d’amore, non è la solita storia di vita. E’ la vita nell’amore. La sete di felicità che si rivela spesso un irraggiungibile miraggio, i desideri insoddisfatti degli uomini che si piangono addosso e non guardano alle soluzioni; la soddisfazione nel dare piccole fortune a chi si sente nullità. Con poco tutto diventa colore, moto certo dello spazio e del tempo, soluzione liberatoria in frangenti minimi, così Filo si difende dalle aggressioni della società che lo vuole piegare. Un barbone acuto, che fa della sua condizione un modus vivendi meraviglioso. Per avere tutto ciò non è certo facile, anzi. Occorre porsi a completa dedizione di questo pazzo e sapere di non poterlo mai né ingannare né superare. Lo dice chiaramente l’autore quando, già nelle prime battute del romanzo spiega: “Chi nella propria vita incontrerà Filo, ricordi questo mio avvertimento: riceverà un dono e una condanna. Il dono di avvicinarsi alla vera saggezza che appartiene solo ai folli e la condanna di vedere senza più filtri tutta la mediocrità che ci circonda, pur senza avere la forza di rifiutarla con il suo stesso coraggio.”

Ora, amici lettori, ditemi voi se un libro del genere non vi incuriosisce. Quale sarà (e in che termini, quantità o valenza) il coraggio richiesto per comprendere la vera saggezza? Tutto da scoprire. Vi assicuro che ad ogni capitolo la tensione sale, altra sorpresa di Simone Tomassini nell’essere stato capace di far vibrare le aspettative, le speranze. Quasi un trattato romanzato di filosofia, quello del nostro protagonista. Autobiografico? Di fantasia? Ma dove sta la reale identificazione e dove l’ideale, il fantastico? Dove veramente? Filo può essere il Tomassini o tutti noi, oppure una mera utopia, chissà. Ma in questo scritto c’è ed è reale. Come reali sono Jenny e Simone, che interpreta se stesso come amico di Filo, è vero il cane chiamato Cielo, tutto è reale. Anche i dilemmi, anche le massime di Filo (che troviamo poi radunate nelle pagine finali). Tutto vero. Provate a mettere in pratica qualcosa suggerito in questo lavoro, lo vedrete. Lo stile scorrevole, chiaro, a volte volutamente teso e brioso, come i riferimenti alla musica, le influenze (che trovo azzeccatissime) delle note sulla costruzione delle frasi, fanno sì che questo romanzo abbia una spina dorsale forte e ben delineata, con già all’attivo parecchie caratteristiche che rimarranno nella penna stessa. E bravo Simone, hai saputo dare una sferzata potente ai problemi universali, diventando una voce necessaria alla coscienza attuale, ce n’era bisogno, ne avevamo tutti un desiderio nascosto che ora possiamo tirar fuori senza sentirci i soliti soggetti conglobati nel sistema, ma anche i barboni dell’utopia. Era ora!

SILVIA DENTI

1 commento:

Anonimo ha detto...

Come sempre unica nel descrivere una stesura. Grande Silvia Denti!!!
-Matrix-